Guarnaccia e Magliocco alla prova del tempo

Lunedì 2 marzo, alle 15,30 nei saloni del Castello Svevo a Cosenza si è tenuta una degustazione di vini per scoprire l’evoluzione decennale dei vitigni autoctoni Guarnaccia e Magliocco

L’azienda Masseria Falvo 1727 da sempre si è posta come obiettivo quello di rappresentare al meglio il “terroir” calabrese. “La complessità degli ambienti e degli ecosistemi che ci permettono di ottenere vini unici meritano nuove e più mirate attenzioni e prospettive”. Ermanno  e Piergiorgio Falvo hanno puntato fin da subito sugli autoctoni. L’obiettivo era quello di riuscire a fare dei vini che fossero capaci di esprimere il territorio negli anni e riportare tutti i profumi della terra come ricordi di convivialità. Hanno così scommesso sui vitigni Guarnaccia e Magliocco.

A presentare l’evento Gennaro Convertini, Direttore dell’Enoteca Regionale della Calabria. La degustazione dei vini è stata condotta da Alessandro Torcoli, direttore della rivista “Civiltà del Bere” con la partecipazione di Graziana Grassini, enologo di fama internazionale e dell’azienda.

Il Magliocco dolce è il vitigno dell’Appennino centro/nord della Calabria. È il vitigno di uva nera che i contadini di queste zone da sempre coltivano. Gli stretti legami del vitigno Magliocco con la Grecia sono evidenti nel nome, che in greco significa “tenerissimo nodo” datogli probabilmente perché presenta un grappolo chiuso come un nodo o un pugno. È una delle varietà note in Calabria già dal Medioevo, citata nelle fonti del ‘500 e del ‘600.

Dopo un lungo periodo di oblio, durante il quale ha rischiato di scomparire, recentemente è stato riscoperto e valorizzato. È importante non confonderlo con il magliocco canino, rispetto al quale, nonostante il nome, si mostra diverso per morfologia e diffusione geografica.

Da pochissimo è stato iscritto nel Registro nazionale delle varietà di vite da vino con decreto del ministero delle Politiche agricole, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 7 giugno 2019.

Il vitigno Guarnaccia è un vitigno minore a bacca bianca originario della Calabria, dove però è pochissimo coltivato, a parte nella sua zona di elezione, vale a dire la provincia di Cosenza. Nessun documento storico riesce a chiarire la provenienza della Guarnaccia, e si può anche ritenere che come molti vitigni specie nel meridione d’Italia possa essere una delle tante uve importate dalla Grecia al tempo della colonizzazione ellenica nel VII secolo avanti Cristo. Il vino della Guarnaccia vinificata in purezza è di colore giallo paglierino carico e presenta profumi floreali, fruttati, erbacei e minerali. È un vino intenso e corposo, di buona freschezza e acidità.  

I vini in degustazione:

  • Ejà, Terre di Cosenza Doc 2013( guarnaccia bianca 65%, Riesling 21%, Malvasia 9%, Traminer 5%)
  • Donna Filomena, Terre di Cosenza Bio Doc 2016 (Guarnaccia bianca 100%)
  • Donna Filomena, Terre di Cosenza Bio Doc 2018 ( Guarnaccia bianca 100%)
  • Cjviz, Terre di Cosenza Bio Doc 2019 (Magliocco 100%)
  • Cirês, Terre di Cosenza Bio Doc 2019 (Magliocco 100%)
  • Graneta, Terre di Cosenza Bio Riserva Doc 2014 (Magliocco 100%)
  • Graneta, Terre di Cosenza Riserva Doc 2011 ( Magliocco 100%)

L’AZIENDA MASSERIA FALVO 1727

L’azienda si estende complessivamente per oltre 100 Ha tra: vigneti, agrumeti ed uliveti. La masseria, ubicata nella piana di Sibari, è stata edificata nel XVIII sec. presenta oltre l’edificio padronale, un frantoio a vite, il pozzo, la chiesetta, il forno, stalle, e granai. I due fratelli Ermanno e Piergiorgio Falvo ingegneri e dirigenti d’impresa, alla scomparsa del loro papà prendono in mano le redini dell’azienda, ma con le signore Gabriella ed Elena, abbandonano le produzioni tradizionali (agrumi ed olive) per dedicarsi alla loro passione il vino. Così acquistano i vigneti ai piedi del Pollino la montagna più alta dell’Appennino Meridionale (2250 m) ed uno dei Parchi Nazionali più grandi d’Europa, e qui, recuperano vitigni quasi scomparsi: Magliocco Dolce, Guarnaccia, Moscatello di Saracena ed un ceppo locale di Malvasia. Prendono le marze da antichi vigneti, le fanno innestare in vivaio e le impiantano, iniziando questa nuova avventura

I VINI

La prima vendemmia è stata effettuata nel 2009 e la prima annata commercializzata è stata la 2010. I vini rossi sono monovarietali ottenuti dalla vinificazione di un vitigno autoctono di magliocco dolce (da poco iscritto nel Registro Nazionale delle Viti da Vino, da non confondere con il magliocco canino con cui non ha alcuna affinità). Il vino che se ne ottiene è ricco di tannini e di antociani, in particolare è stata rilevata una massiccia presenza di malvidina (più che nel barolo e nel brunello) un antociano che assicura la conservazione del colore anche a distanza di moltissimi anni.

La fermentazione avviene con l’utilizzo di lieviti indigeni. Pochi giorni prima della raccolta, a maturazione fisiologica avvenuta, raccogliamo alcune cassette di uva per creare il “pied de cuve”, uno starter della fermentazione senza il quale si lascerebbe al caso la fermentazione alcolica naturale, con molti rischi, come sicuramente la fermentazione di alcuni lieviti non-Saccharomyces che potrebbero creare difetti olfattivi. Dopo un paio di giorni i lieviti indigeni iniziano a fermentare, raggiungendo la piena fermentazione nel giro di una settimana. Intanto si procede alla vendemmia del vigneto, avendo cura di diraspare e pigiare l’uva nel più breve tempo possibile per conservare il massimo della freschezza e dell’integrità delle sostanze e degli aromi.

A questo punto, il mosto in piena fermentazione del “pied de cuve”, viene aggiunto, o all’ammostamento o dopo qualche giorno, in base alle condizioni dell’annata, dando vita alla fermentazione alcolica vera e propria. Grazie a questo procedimento tutte le caratteristiche dei vitigni le ritroviamo nei vini: tannini, struttura e colore, elementi che rendono possibile il loro lunghissimo invecchiamento.

Abbiamo 3 etichette di rosso: “Don Rosario”, il cru aziendale, “Graneta” un’altra riserva che, però fa meno legno, ed il “Cirês”, un rosso giovane e fresco che non viene invecchiato.

Il Don Rosario dopo la fermentazione ed una prima sosta in acciaio, viene invecchiato 15-18 mesi in tonneaux di rovere francese di primo passaggio, per poi ritornare in acciaio ed, infine, subire un affinamento di almeno 6 mesi in bottiglia.

Il Graneta viene invecchiato in acciaio per 15 mesi, dopodichè subisce un breve affinamento di 3-6 mesi in tonneaux di rovere francese, per poi ritornare in acciaio ed, infine, subire un affinamento di almeno 6 mesi in bottiglia.

Attualmente sono in commercio le annate 2013 e 2014 del Graneta e 2012 del Don Rosario, con la qualificazione DOC POLLINO MAGLIOCCO RISERVA, mentre per il Cirês, andrà in commercio in aprile.

L’azienda Masseria Falvo è stata la prima a puntare sulla vinificazione del magliocco dolce in purezza, per cui i vini sono in assoluto i primi MAGLIOCCO RISERVA della DOC Terre di Cosenza.

I vini bianchi sono 3; “Pircoca”, “Donna Filomena” e “Spart”, diversi per la varietà degli uvaggi presenti. I grappoli di uva bianca vengono vinificati interi. La fermentazione viene avviata con l’utilizzo di lieviti selezionati.

Compiuta la fermentazione a temperatura controllata, i vini vengono tenuti lungamente (alcuni mesi) sulle fecce fini e commercializzati dopo un anno, non senza aver subito un ulteriore affinamento di almeno 2 mesi in bottiglia. Nel Pircoca e nel Donna Filomena l’uvaggio prevalente è la guarnaccia. Nel 2018 la guarnaccia risulta utilizzata in purezza nel “Donna Filomena”, mentre nelle annate precedenti era stata “contaminata” in piccole percentuali, variabili fino ad un massimo del 30% c.ca con la malvasia. Nel “Pircoca”, invece, la percentuale di guarnaccia è di circa il 60%, mentre il rimanente 40% è costituito in percentuali variabili secondo le annate, dagli altri vitigni presenti in azienda: riesling, traminer, moscato e malvasia. Il terzo vino bianco prodotto è lo “Spart” ottenuto in purezza da un ceppo autoctono di malvasia bianca, vitigno diffuso in tutto il mediterraneo fin dall’antichità.

Il Rosè “Cjviz” viene ottenuto da una spremitura soffice del magliocco dolce, dal quale viene estratto solo il fiore che, poi, viene vinificato come un vino bianco. Attraverso questo procedimento che limita la cessione del colore e dei tannini alvino e si ottiene un vino fresco dal colore rosato e non molto tannico.

Il Moscato di Sarcena “Milirosu” è il vino passito che ha reso nota la cittadina di Saracena, tanto da guadagnarsi il riconoscimento di Bene Culturale della Regione Calabria (con apposita legge Regionale del nov. 2012) e la costituzione di un Presidio da parte dell’associazione internazionale Slow Food.

Di questo vino passito si ha notizia già nel 1500, quando veniva imbarcato a Scalea per essere portato a Roma, dove veniva consumato alla corte Pontificia.

La vinificazione avviene con procedimento tradizionale: le uve di moscatello, raccolte i primi giorni di settembre, vengono lasciate appassire su graticci. Successivamente, verso la fine di settembre, vengono raccolte le uve di malvasia e guarnaccia, il mosto di queste uve viene parzialmente concentrato tramite bollitura, di circa 1/3. A compimento di questa operazione, il mosto che ne deriva viene unito al mosto di moscatello pressato a mano o con pressatura molto soffice, dopodichè viene fatta partire una lunga e lenta fermentazione, bloccata col freddo quando lo zucchero residuo è di circa 80-90 g/litro. Tutte le operazioni vengono svolte in acciaio; dopo circa un anno il moscato viene imbottigliato e, dopo almeno 12 mesi di affinamento in bottiglia, viene posto in commercio con la qualifica di Moscato – Passito.

Attualmente è in commercio l’annata 2016.

I VIGNETI

I vigneti sorgono in comune di Saracena, cittadina nota per la produzione di un moscato passito vinificato secondo un’antica tradizione, alla quota di 300-500 metri s.l.m.. L’orientamento prevalente dei vigneti è verso sud-est, la conformazione dei terreni è di tipo argilloso-sabbioso per i bianchi, calcareo sciolto per i rossi.

La montagna che si vede sullo sfondo della brochure, dietro i vigneti, è il Pollino. Le vigne, tutte di proprietà, ammontano a 26 Ha, coltivate sin dall’impianto in regime biologico e certificate bio dal 2010.

La particolare posizione delle vigne, una collina esattamente a metà tra il mare e le cime del Pollino (2250 m.s.l.m.), innevate spesso fino a giugno, fa sì che la zona sia particolarmente ventilata e goda di escursioni termiche importanti tra il giorno e la notte. Tutto ciò facilita e non poco la gestione biologica del vigneto, che già per queste sue peculiarità è poco soggetto ad attacchi di parassiti e funghi. I vitigni impiantati sono quasi esclusivamente autoctoni. La vigna madre da cui sono state ricavate le marze per innestare le barbatelle, successivamente utilizzate per l’impianto degli altri vigneti, ha oltre 50 anni, mentre i vigneti attualmente in produzione sono stati piantati nel 2005.

Il vitigno più numeroso è a bacca nera ed è il magliocco dolce, localmente chiamato “lagrima”, vitigno tipico dell’areale calabro del Parco del Pollino. Questo vitigno è molto difficile, la ricchezza di tannini fa si che, se non viene colto alla giusta maturazione, questi diventano aspri e difficili da domare, mentre sono dolci e gradevoli una volta maturi.

È un vitigno con basse rese, che, però, ben si adatta ai frequenti periodi di siccità. Va a maturazione in autunno avanzato, tra la fine di ottobre ed i principi di novembre. L’altro vitigno leader impiantato è la Guarnaccia, un tempo utilizzato per tagliare il rosso di magliocco perché troppo forte e tannico e, quindi, poco adatto al consumo immediato di cui necessitavano i vecchi cantinieri. La Guarnaccia è una vite molto prolifica, spesso diradata al fine di garantire la qualità finale delle uve. Questa uva arriva a maturazione in autunno: tra fine settembre ed i principi di ottobre.

L’ENOLOGO

L’enologo che segue l’azienda è la dott.ssa Graziana Grassini, nota come lady Sassicaia, in quanto da più di 10 anni lega il suo nome al vino tra i più famosi al mondo. Graziana Grassini, come i proprietari, è contraria ad interventi “violenti” in cantina, per cui l’intero processo di maturazione e di conservazione dei mosti viene accompagnato, se si esclude qualche piccola aggiunta di metabisolfito in funzione di disinfettante, esclusivamente tramite controlli di temperatura, svinature e travasi.

Con l’entrata in vigore del nuovo regolamento europeo sul vino biologico, abbiamo provveduto, a partire dall’annata 2014, a classificare biologica la nostra produzione vinicola, anche se, in effetti, abbiamo rispettato le regole del biologico sin dalla prima annata di produzione. Oggi, quindi, siamo certificati in biologico da un ente certificatore italiano: Suolo & Salute e da un ente certificatore svizzero Bio Inspecta. 

LA CANTINA

La cantina ha una superficie utile di 840 mq ed è completamente attrezzata per la vinificazione, l’imbottigliamento e lo stoccaggio. Nello stesso sito è stata edificata la bottaia, completamente interrata, con una superficie utile di 120 mq. La potenzialità produttiva della cantina è di 150.000 bottiglie/anno. Lo scorso anno la produzione è stata di 80.000 btg. In cantina i vini vengono selezionati tramite microvinificazioni, ciascuna vigna viene vendemmiata e vinificata separatamente in appositi fermentini di diversa capienza (6-20-50-max 100 Hl). Da aprile 2014 anche la cantina è entrata in regime biologico, per cui dall’annata 2014 in poi i nostri vini si fregiano della dicitura vino biologico.